Quelli che… parlano da soli!

Come proteggerci dalle discussioni che ci tolgono solo energie

Uno dei motivi per cui le persone richiedono una consulenza dallo Psicologo è rappresentato dai problemi relazionali e dall’apparente “impossibilità” di uscirne senza farsi o fare male all’altro. Può sembrare strano, ma molti di questi problemi non dipendono tanto dal fatto di avere due visioni differenti dello stesso argomento, quanto dall’incapacità di COMUNICARE con l’altro.

La Comunicazione

La comunicazione è un processo continuo, tramite il quale un messaggio viene “spedito” e “decodificato” da chi lo riceve che, a sua volta, ne estrapola un significato. Si tratta di un processo ininterrotto, nel senso che, come affermava Paul Watzlawick, Psicologo Sistemico, è impossibile non comunicare. Noi comunichiamo in molteplici modi e il 97% (si, avete letto bene, 97%) di questi modi è non verbale. Esprimiamo perciò noi stessi, la nostra identità e i nostri pensieri soprattutto con la gestualità e l’espressione facciale, oltre che con le parole. La Psicologia Sistemica ha studiato come all’interno di un sistema, la capacità delle parti che lo compongono di comunicare in modo efficace tra loro, contribuisca a rendere il sistema stabile e duraturo. Al contrario, sistemi disfunzionali, appaiono caratterizzati da una comunicazione cattiva e inefficace.

Quando non riusciamo a comunicare

Capita spesso, in seguito ad forti discussioni, di sentirci svuotati, stanchi, frustrati, con addosso solo una gran rabbia e delusione. Magari ci chiediamo cosa abbiamo sbagliato, oppure quale sia il problema. La cosa certa è che questo tipo di discussioni generano molta sofferenza deteriorando i rapporti anche in modo importante. Se ci fermiamo a riflettere però, vedremo che queste situazioni accadono quando le persone non parlano tanto per risolvere i problemi, ma piuttosto per prevalere sull’altro e dimostrare di aver ragione a tutti i costi. L’obiettivo della discussione, perciò, non è quello di trovare un punto d’incontro tra due visioni differenti, ma innescare una vera e propria guerra tra le parti.

Questa modalità di comunicare lascia in chi ascolta la sensazione di “aver perso tempo e non aver risolto nulla”, proprio perché è distruttiva, non finalizzata ad una visione oggettiva della situazione. Chi utilizza questo tipo di comunicazione, in realtà, non ha alcun interesse a trovare una soluzione, né tanto meno a conoscere il punto di vista altrui: il suo obiettivo è, anzi, ostentare la sua visione dei fatti. Per molte persone, mostrarsi inflessibili di fronte a visioni alternative alla loro è indice di forza: in verità la chiusura e la rigidità nascondono il timore che esistano più realtà percepibili e di ritrovarsi persino a poter cambiare idea. Cambiare idea, per molti, è un attacco alla propria identità. Un’identità integrata e sana, è invece dinamica e non si fossilizza solo su come le cose dovrebbero essere, ma piuttosto su come sono.

Come affrontare allora queste persone?

Eccoci alla fatidica domanda che fanno tutti: “ma allora, cosa devo fare?” Naturalmente non possiamo sempre ignorare queste persone, poiché esistono numerosi contesti in cui siamo costretti ad averci a che fare. A questo punto è necessario ADATTARSI. Molti, quando si parla loro di adattamento, lasciano la stanza dello Psicologo, ribellandosi al fatto che proprio chi ha ragione debba adattarsi a chi ha sbagliato. In realtà ciò che si consiglia di fare non è adattarsi a chi non ci piace, ma alla situazione che siamo costretti a dover fronteggiare. Adattarsi significa anzitutto prendere le distanze da chi ci parla, questo ci aiuta a capire cosa sta dicendo rimanendo su un piano concreto dei fatti. Inoltre ci permette di ridimensionare l’impatto emotivo che l’altro ha su di noi: se io capisco che sotto un atteggiamento aggressivo e prevaricante si nasconde in verità tanta insicurezza, modifico la percezione che ho di quella persona e, di conseguenza, della situazione. Eviterò così di cadere nello stesso errore del mio interlocutore, ovvero quello di ostinarmi a difendere il mio punto di vista in una guerra senza fine. Allo stesso modo, imparare a non cadere nella trappola della comunicazione distruttiva ci aiuta a veicolare le nostre energie in quei rapporti che ci fanno stare bene e ci arricchiscono, sganciandoci da situazioni che ci tolgono forze fisiche e mentali.

Ecco quindi che adattarsi significa tutt’altro che cedere: anzi, vuol dire scegliere per chi e per cosa discutere, proteggendo noi stessi.

Non sempre chi ha l’ultima parola ha ragione e non sempre chi rimane in silenzio ha torto.

Per ulteriori approfondimenti su come imparare a comunicare in modo efficace, puoi consultare l’articolo precedente, relativo all’assertività 🙂

Il potere dell’assertività

“Puoi dire tutto, se sai come dirlo”

Capita spesso di ritrovarsi in discussioni dalle quali non si riesce ad uscire, quelle in cui ognuno vuole (giustamente o no) avere ragione e per magia ci ritroviamo intrappolati in un tira e molla senza fine all’ultimo sangue. Nella maggior parte di questi casi, il motivo principale per cui questo accade, è la mancanza di assertività.

Ma cos’è l’assertività?

Ci riferiamo alla capacità di comunicare i propri bisogni, emozioni, sentimenti, nel pieno rispetto dell’altro e di noi stessi. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, dobbiamo tornare un attimo indietro sui diversi stili comunicativi, ce ne sono tre, immaginiamoli lungo un continuum:

Agli estremi troviamo un atteggiamento comunicativo aggressivo e passivo, al centro, quello assertivo, che rappresenta il punto di equilibrio.

Vediamoli insieme:

Atteggiamento aggressivo: è caratterizzato da tendenza ad alzare la voce per far valere le proprie ragioni, monopolizzare la conversazione e scarsa attitudine all’ascolto. Chi ne fa uso, tende a sovrastare l’altro, non tenendo conto dei suoi bisogni, focalizzandosi solo sui propri.

Atteggiamento passivo: all’opposto del primo, caratterizza persone che hanno difficoltà a far valere e comunicare le proprie idee, reprimono i propri bisogni e il loro personale punto di vista, perché temono da un lato il giudizio altrui, dall’altro di non riuscire a gestire il carico emotivo di una conversazione. Appaiono mancanti di dinamismo e quasi mai prendono iniziativa in un dialogo.

Di solito questi due stili si auto alimentano quanto più hanno a che fare l’uno con l’altro, poiché l’aggressivo trova nel passivo modo di esprimersi e, viceversa, il passivo si chiuderà ancora di più di fronte all’aggressività.

Atteggiamento assertivo: riesce a comunicare ciò che pensa senza aver bisogno di aggredire l’altro e allo stesso tempo senza doversi nascondere. Rappresenta il successo comunicativo: riuscire a farsi valere (difendere i propri bisogni), senza aggredire l’altro (quindi rispettando i bisogni degli altri).

Imparare ad essere assertivi ha degli enormi vantaggi, non solo comunicativi, ma anche fisici. Le persone aggressive e passive, infatti, tendono a soffrire, a lungo andare, di problematiche cardiovascolari e psicosomatiche in genere, poiché sia alterarsi e alzare la voce, sia reprimere tutto ciò che sentiamo, ha delle ripercussioni negative sulla nostra salute, mentre chi è assertivo gode di una migliore qualità di vita.

Ma facciamo un esempio di frasi aggressive, passive e assertive. Mettiamo il caso che io voglia dire ad un amico, ritardatario di abitudine, che mi ha fatto attendere ad un appuntamento un’ora senza un apparente motivo, che questo suo comportamento mi da fastidio:

Frase aggressiva: “mi hai scocciato, fai sempre tardi, da oggi non esco più con te!”

Frase passiva: “non fa niente, figurati (con un principio di ulcera, perché abbiamo aspettato un’ora e non sappiamo nemmeno il perché)

Frase assertiva: “ho notato che fai spesso ritardo, è successo qualcosa? Se preferisci un orario più comodo puoi dirmelo la prossima volta, così riusciamo entrambi ad organizzarci la giornata”.

Nel primo caso abbiamo aggredito l’altro senza sapere nemmeno se avesse fatto tardi per un motivo specifico e abbiamo chiuso la comunicazione, non dandogli di fatto modo di intervenire né di scusarsi, qualora volesse. Questo comportamento può scatenare aggressività dall’altra parte oppure indurre scuse non sempre del tutto autentiche, perché generate dal voler risolvere la questione nell’immediato. Di fatto, pur avendo le nostre ragioni, abbiamo mancato anche noi di rispetto all’altro.

Nel secondo caso abbiamo represso il fastidio dell’aver atteso tanto, senza chiedere nemmeno per quale motivo e certamente mandiamo il messaggio che per noi non sia stato un problema, quando magari in quell’oretta avremmo potuto fare altro. Questo atteggiamento autorizza l’altro a presentarsi in ritardo la volta successiva e rischia di farci accumulare “il non detto” ed esplodere dopo 10 volte. In questo caso abbiamo mancato di rispetto verso noi stessi.

Nell’ultimo caso, invece, abbiamo comunicato che non ci ha fatto piacere attendere così tanto tempo, ma abbiamo lasciato aperta la conversazione dandogli comunque modo di spiegarsi, se lo vuole e, magari, di scusarsi in modo autentico, perché l’altro noterà che ci siamo infastiditi, ma non lo abbiamo aggredito. Questo atteggiamento porta rispetto a noi stessi e, poi, all’altra persona, oltre a spiazzare, il più delle volte, il nostro interlocutore, che a quel punto dovrà per forza darci delle spiegazioni e riflettere sul suo difetto.

Si può allenare l’assertività? Come?

Lo stile comunicativo di una persona dipende in gran parte dal modo in cui è stata trattata nella vita e, poi, dal modo in cui deciderà di essere trattata in futuro. Pertanto sì, l’assertività può essere allenata attraverso dei training specifici, sia in contesti scolastici, tramite giochi di ruolo in cui i bambini/ragazzi si sperimentano in diverse situazioni, con la supervisione di uno psicologo, oppure in incontri individuali o di gruppo tenuti da uno psicologo, ai quali possono partecipare persone di tutte le età.

Tutti noi, però, possiamo allenarla nel quotidiano, nel nostro piccolo e ci renderemo conto che quando ci mostriamo assertivi con gli altri, col tempo chi è aggressivo tende a calmarsi (perché non gli diamo modo di aggredirci), mentre chi è passivo tende ad aprirsi (perché gli diamo modo di essere ascoltato). In poche parole, l’assertività genera assertività!

E ricordate, come scriveva Paulo Coelho: “quando dici sì agli altri, assicurati di non dire no a te stesso”.