“L’elefante enorme e possente del circo non scappa perché crede di non poterlo fare”
Forse è una delle storie più belle che esistano, una di quelle che, quando le ascolti, cambiano qualcosa dentro di te. La storia dell’elefante incatenato narra del povero animale che, fin da piccolo, era stato incatenato ad un paletto del circo. Nel tempo aveva provato a divincolarsi e scappare, ma era troppo debole per riuscirci. Crescendo era diventato possente e forte, tuttavia non tentava più di scappare: restava fermo immobile agganciato ad un paletto che, adesso, avrebbe potuto spezzare in un solo tentativo.
Perché non lo faceva? Ce lo chiederemmo tutti. Proprio ora che avrebbe tutta la forza di cui ha bisogno, perché non la usa?
Perché la forza, da sola, non è sufficiente, se non c’è la fiducia in se stessi.
Nel momento esatto in cui l’elefantino aveva accettato il proprio destino e si era abbandonato all’impotenza, aveva smesso di provare a sganciarsi dal palo. La storia spiega come una condizione a cui una persona viene sottoposta sin dall’infanzia, può segnare in modo irrimediabile la sua esistenza, incidendo profondamente nella percezione che la persona ha di se stessa e delle sue potenzialità.
Ma la storia spiega anche perché, alcune persone, si arrendono prima di altre.
Tutti sanno che l’elefante ha la forza per divincolarsi dal paletto, in realtà, se volesse, potrebbe farlo con molta più facilità di quanto egli stesso non possa credere. Tutti lo sanno, tranne lui. E non perché l’animale non voglia più essere libero, o perché sia felice così.
Egli, semplicemente, crede che non esista un modo diverso di essere, perché crede di non avere la forza e la possibilità di essere diverso da com’è.
Le persone non si arrendono perché non ottengono risultati, si arrendono quando smettono di credere in ciò che stanno facendo e nella sua possibilità di avverarsi. Ecco perché esistono persone che nonostante infiniti tentativi continuano a provarci, a dispetto della realtà dei fatti, e persone che, al primo fallimento, chiudono bottega. Il numero dei tentativi è solo un numero.
Ecco che la forza, intesa come potenziale, può non essere sufficiente a cambiare le cose, quando non si accompagna alla reale percezione da parte delle persone di poter fare concretamente qualcosa. Questo è ciò che Bandura chiamò AUTOEFFICACIA: la consapevolezza, da parte degli individui, di poter agire concretamente in una situazione e dominarla, non come spettatori passivi, ma protagonisti attivi della propria esistenza.
E l’autoefficacia è la chiave per qualsiasi cosa voi vogliate fare della vostra vita. Ci sono persone che partendo dal nulla hanno realizzato capolavori e persone che, pur partendo avvantaggiate, non hanno realizzato nemmeno la metà di ciò che, potenzialmente, avrebbero potuto ottenere.
Se non ci credete voi, nessuno lo farà per voi. Buona autoefficacia a tutti 🙂
