Imparare a fallire

Nessun successo è definitivo, nessun fallimento è totale.

Per comprendere questa frase bisogna partire dalla definizione di fallimento, la quale reca in sé un concetto molto importante: l’obiettivo. Fallire, infatti, è definito come “il non riuscire nel proprio intento o nel mancare l’obiettivo desiderato”. Questa definizione prende come metro di giudizio un obiettivo assoluto e considera il fallimento il mancato raggiungimento di uno scopo ultimo. Se ci caliamo nella realtà quotidiana, però, possiamo notare che ogni qual volta desideriamo raggiungere un obiettivo non possiamo fare a meno di raggiungere prima delle tappe intermedie, dei cosiddetti obiettivi intermedi: questo accade maggiormente in quegli obiettivi che richiedono tempo e che noi categorizziamo come assoluti, ovvero l’obiettivo finale. Di seguito una lista di obiettivi “assoluti”:

Perdere 20 kg

Trovare lavoro

Comprare una casa

Sposarsi

Essere felici

Guarire da una malattia

Imparare a ballare

E potremmo continuare all’infinito.

Ora, se osserviamo bene questa lista, noteremo che ognuno di questi obiettivi a sua volta potrebbe essere sovrastato da un obiettivo ancora più assoluto. Ad esempio potrei decidere di perdere 30 kg, di diventare il miglior ballerino del mondo, potrei voler comprare 4 case e via discorrendo. Questo ci dice che persino categorizzare un obiettivo come assoluto non può prescindere dalla nostra percezione di assoluto. Ma se osserviamo ancora più attentamente la lista potremmo notare che dietro ognuno di questi obiettivi ci sono tanti “sotto obiettivi” che per forza di cose sono propedeutici all’obiettivo finale: per perdere 20 kg devo prima perderne 3. Per perdere 3 kg devo prima mangiare di meno (o meglio) e muovermi di più. Per poter effettivamente mangiare meglio dovrò impostare una dieta, per averla dovrò rivolgermi ad un esperto in materia… alla base di tutto dovrei persino rendermi conto che ho bisogno di perdere peso e poi convincermi di volerlo fare. Quest’ultimo è già di per sé un obiettivo. Questi sotto obiettivi sono fondamentali perchè fanno parte di una catena che, se rotta, invalida o rallenta il raggiungimento dell’obiettivo finale. Tornando all’esempio del ballo, banalmente per poter imparare a ballare dovrò iscrivermi a scuola di ballo, ma dovrò anche frequentare ed esercitarmi con costanza, per raggiungere il mio scopo. In alcune circostanze questa catena si spezza perché alcune persone non riescono a raggiungere questi “piccoli” obiettivi intermedi, così compromettono l’obiettivo finale. Allora per qualcuno già poter iscriversi a scuola di ballo potrebbe essere un enorme successo, per altri solo l’inizio di una montagna da scalare. Se esistono degli obiettivi intermedi, la percezione dei quali è soggettiva, possiamo dedurre che anche la percezione dei loro successi e dei loro fallimenti lo è.

La percezione del fallimento e del successo

Se decido di perdere 20 kg devo sapere come agire, ovvero devo sapere quali tappe sono necessarie nel mio percorso affinché io raggiunga questo scopo. Ma soprattutto devo avere ben chiari i miei obiettivi intermedi. Questo mi consentirà di tutelarmi da un errore molto frequente: non vedere i miei obiettivi intermedi e vedere solo l’obiettivo finale. Se guardo solo l’obiettivo finale esso mi sembrerà sempre troppo lontano (e può darsi lo sia davvero), per questo è così importante focalizzare l’attenzione sui micro obiettivi. I micro obiettivi sono i nostri peggiori nemici perché tendiamo a sottovalutarli nel quotidiano, ma sono in realtà i nostri migliori alleati, in quanto sono loro a salvarci dai momenti in cui ci sentiamo scoraggiati. Se il mio obiettivo è perdere 20 kg in un anno e ne perdo “solo 10”, chi stabilisce che io abbia fallito? Ho fallito rispetto all’obiettivo finale, ma ho in realtà raggiunto innumerevoli micro obiettivi (che mi hanno permesso di perdere peso). Vediamoli insieme:

Ho deciso di perdere peso

Ho chiamato un nutrizionista

Ho iniziato la dieta

Ho portato avanti la dieta per un anno (ci sono stati degli sgarri, ma mi sono sempre ripresa)

Ho fatto attività fisica per un anno

Ho imparato a mangiare meglio

Ho perso 10 kg (prima ne pesavo 10 in più).

Gli obiettivi raggiunti sono di più di quelli non raggiunti, pertanto il dato di fatto è che io non ho ancora perso tutti i kg che vorrei perdere, ma ne ho persi la metà e mi sto muovendo nella giusta direzione.

L’importanza del pensiero

Imparare a pensare sano, ci fa vivere in modo sano. Vedere le cose sempre nell’ottica del fallimento ci crea disagio così come il vederle in un cieco e irreale ottimismo. La qualità dei nostri pensieri determina la qualità dei nostri comportamenti e non in ultimo delle nostre emozioni. Ognuno di noi pensa (e quindi ragiona) in un determinato modo che è frutto di un apprendimento e come tale può essere modificato. Pertanto è possibile imparare a pensare in modo diverso anche se abbiamo la sensazione che i nostri pensieri non dipendano da noi.

Ottimisti a tutti i costi?

No, non sarebbe possibile e nemmeno utile. Il pensiero che crea disagio è un pensiero dicotomico: tutto o niente, giusto o sbagliato, riuscito o fallito. Se penso che ho fallito in modo assoluto non vedrò mai un barlume di successo e viceversa. Il pensiero dicotomico non offre sfumature e, quindi, vie d’uscita. Decidere di guardare ai successi, anziché ai fallimenti, non significa negare di aver mancato l’obiettivo, significa decidere di focalizzarsi di più su ciò che siamo riusciti a fare piuttosto che su ciò che non siamo ANCORA riusciti a fare. Al contrario di un pensiero rigido, un pensiero flessibile prende in considerazione tutti i dati di realtà, pertanto se è vero che non sono riuscita a perdere tutti i kili che volevo perdere (quindi ho fallito nell’obiettivo assoluto), è vero anche che ne ho persi la metà (quindi ho avuto almeno un successo). Se è vero che ne ho persi metà, è vero che posso perderne altri, perché nel frattempo ho imparato un repertorio di comportamenti che prima non avevo. Il mio fallimento diventa quindi relativo e più accettabile perché non mi definisce in modo totalizzante.

Quanti e Quali obiettivi prefissarsi

Se sei arrivato fino a qui avrai compreso che dietro ad ogni obiettivo assoluto esistono dei micro obiettivi da raggiungere. Uno dei modi migliori nell’impostare un percorso volto a raggiungere una meta è proprio quello di definire i piccoli obiettivi che la sottendono. Questo è importante non solo per le ragioni che ho espresso sopra ma anche perché devo accertarmi che i miei obiettivi siano pochi, realistici e chiari.

Pochi: nell’unità di tempo. Non è utile pretendere di raggiungere troppi obiettivi in poco tempo: aumenteremmo le possibilità di fallimento dei sotto obiettivi e di frustrazione.

Realistici: per le mie possibilità e per le opportunità che l’ambiente mi offre. Anche qui il rischio è di andare incontro al fallimento perché ci siamo posti obiettivi troppo difficili o poco realizzabili in quel momento.

Chiari. Gli obiettivi devono essere chiari, ma non rigidi.

Infine, gli obiettivi dovrebbero sempre rispecchiare i nostri valori, ciò che vogliamo essere o diventare. Questo è banale, ma ripeterlo non ci fa mai male.

Non si può avere nessun successo se non si è pronti ad accettare il fallimento.

(George Cukor)

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