Il topolino che voleva essere un elefante

Quando vuoi essere ciò che non sei, ti dimentichi di te stesso.

Esiste una storia. Come tutte le storie che insegnano qualcosa, è di una semplicità estrema, perché sono le cose semplici ad arrivare dritte dove devono arrivare. Le storielle per bambini sembrano banali e scontate, in realtà sono scritte da adulti e rivolte ai bambini perché i bimbi colgono l’essenza delle cose, capacità che le “persone grandi”, spesso, non hanno.

A me piace utilizzarle anche con gli adulti e gli adolescenti, perché nella loro semplicità offrono una chiave di lettura che spesso a noi adulti, presi da mille pensieri e responsabilità, sfugge.

La storia narra di un topo e di un elefante che si incamminarono per un lungo viaggio, ognuno con le sue provviste di cibo. Mentre l’elefante procedeva possente e veloce sulle sue grosse zampe, il topolino faceva fatica a stargli dietro: inciampava nelle sue stesse riserve di cibo e le sue zampette dovevano correre troppo veloci per tenere il passo dell’amico. Il topolino rimase indietro così, stanco e arrabbiato, invocò la natura lamentandosi della sua condizione, pregandola di trasformarlo in un animale più grosso, forte e robusto. Il topolino voleva essere come il suo amico, un elefante.

Venne accontentato. La natura decise che il topolino sarebbe diventato un elefante, mentre il suo amico elefante sarebbe diventato un topo.

Il topolino, che era diventato elefante, però, era troppo grosso e pesante e cadeva da tutti i rami ai quali tentava, per sua natura, di arrampicarsi e il cibo che si era portato non era sufficiente a sfamarlo. L’elefante, ora topolino, era troppo piccolo per potersi cibare del cibo che si era portato e non era abituato alla sua nuova mole. Fu la volta di due cacciatori; mentre al topolino bastò nascondersi sotto le foglie, l’elefante non trovava un nascondiglio sicuro, così venne ferito: proprio lui, che voleva essere grande e grosso.

I due pregarono così la natura di poter tornare ad essere se stessi, ognuno nel proprio corpo, così la natura li accontentò ricordando loro che ogni essere vivente ha i suoi problemi e che solo mettendoci nei panni gli uni degli altri possiamo capire come il mondo appare alle altre persone.

Il topolino aveva capito che la mole dell’elefante lo aiutava in alcune circostante, ma rappresentava uno svantaggio in altre. L’elefante, dal canto suo, aveva visto come può apparire grande e pericoloso il mondo agli occhi di un topolino indifeso.

Nel suo duplice significato, questa storiella è utile in tutte quelle fasi della vita in cui ci sentiamo delusi da noi stessi e iniziamo a guardare gli altri con invidia. Quante volte guardiamo alle vite degli altri con la convinzione che siano migliori della nostra? Quante volte avremmo voluto avere il corpo di un’altra persona? Eppure non basterebbe cambiare il nostro aspetto per essere felici: la natura di ognuno di noi rimarrebbe la stessa e, con buone probabilità, starebbe stretta in un corpo diverso e non potrebbe esprimersi.

In secondo luogo, la storia aiuta a comprendere come non tutto ciò che sembra perfetto è esente da problemi; esistono persone che sembrano avere un corpo perfetto, un lavoro perfetto, una famiglia perfetta ai nostri occhi, ma che fronteggiano quotidianamente milioni di problemi di cui noi, proprio perché diversi, non siamo a conoscenza e, forse, non saremmo in grado di affrontare.

Cambiare assume un significato positivo quando si lavora sulle proprie risorse, sulla propria natura e sulla propria persona. Per questo noi psicologi ci ritroviamo a spiegare ai pazienti che arrivano in studio e che chiedono ricette miracolose ed immediate per cambiare ed essere felici, che non funzionerebbe se si vuole lavorare sulla vita degli altri, piuttosto che sulla propria.

Non funzionerebbe perché:

  • Tu sei un essere unico, nessuno potrà mai essere come te.
  • I tuoi problemi, per quanto simili a quelli degli altri, sono tuoi e tu li vivi in un modo solo tuo.
  • La soluzione al problema di un’altra persona può non essere adatta a te, se non addirittura essere deleteria.
  • Quando giudichi i tuoi successi e le tue sconfitte in relazione alla vita degli altri, stai giudicando i successi e le sconfitte degli altri, non le tue.
  • Infine, ogni volta che guardi la vita degli altri e vorresti essere un’altra persona, ti stai allontanando da te stesso, ovvero il punto da cui partire per migliorarti.

D’ALTRA PARTE, CHI VUOLE ESSERE LA BRUTTA COPIA DI UN’ALTRA PERSONA?

Dott.ssa Sara Elefante

Psicologa Clinica

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