Fino a che punto non possiamo scegliere come stare?
Capita spesso, ascoltando le persone, di sentire la stessa frase: “questa cosa mi fa arrabbiare”; “lui/lei mi fa arrabbiare”. Molto più raramente capita di sentire “mi sento/mi sono arrabbiato/a”. La gestione emotiva si sviluppa sin dall’infanzia, tramite il rapporto con le figure di accudimento e caratterizza in modo sostanziale il modo in cui andremo a relazionarci con le altre persone. La capacità di controllare e gestire le proprie emozioni, tra cui la rabbia, presuppone anzitutto la possibilità di riconoscerle, ovvero riconoscere e accettare che stanno facendo parte di noi, sono nostre, le stiamo provando proprio noi.
Questo passo, seppur banale, è estremamente difficile, poiché presuppone a sua volta ammettere che qualcosa, o qualcuno, stia toccando in qualche modo una parte di noi evidentemente sensibile e fragile.
Significa di fatto accettare che per noi QUELLA COSA è importante.
Allora molto spesso la via più facile sembra quella di giustificare le nostre emozioni con i comportamenti e gli atteggiamenti degli altri, addossando di fatto a loro la colpa di ciò che stiamo provando. La frase “quello che hai fatto mi ha fatto arrabbiare” diventa un atto di deresponsabilizzazione: “è colpa tua se mi sono arrabbiato”. Di fatto però, significa anche dire, implicitamente: “la mia emozione dipende da te, non da me” e questo si ripercuote sulla possibilità di controllare la rabbia, poiché sembra provenire dall’esterno, piuttosto che da una nostra visione delle cose.
Ciò dipende dalla difficoltà di guardare la nostra emozione come il risultato del modo in cui noi stiamo percependo quell’evento, non dipendente solo dagli altri. Capire che quella emozione appartiene a noi e nasce da noi, aumenta la possibilità di gestirla e controllarla, poiché toglie all’altro il potere del determinarla.
L’accettazione delle emozioni in generale e della rabbia in particolare come dipendenti e derivanti da noi, ha anche un altro indubbio vantaggio: permette di scegliere come reagire ad un determinato evento. Pertanto capire che un certo evento SU DI NOI ha scatenato una reazione, sposta il focus dall’azione dell’altro sul nostro vissuto e ci offre la possibilità di concentrarci sulle visioni alternative che una situazione può avere. Un esercizio quotidiano per fare ciò, può essere quello di chiederci, ogni qualvolta ci sentiamo feriti e arrabbiati per le parole o le azioni di qualcuno:
- “Cosa mi sta dando davvero fastidio?”;
- “Quanto mi condiziona l’opinione di questa persona?”;
- “Posso scegliere di sentirmi meno arrabbiato?” ——-> ne vale davvero la pena?
- “C’è un’alternativa alla rabbia che sto provando?”
- “Quanto sono obiettiva nel giudicare le azioni di questa persona?”
Queste domande stimolano l’introspezione e aiutano a riprendere controllo sulle nostre emozioni, dandoci una visione più chiara e obiettiva di ciò che sta accadendo. Così potremmo renderci conto che quella frase che tanto ci ha ferito, era magari dovuta ad un errore di interpretazione, oppure ad una nostra errata percezione di quello stimolo. Anche qualora l’evento fosse davvero fastidioso per noi, perché effettivamente negativo, avere una visione più chiara e obiettiva dell’accaduto, diminuisce l’arousal e ci aiuta a comunicare le nostre emozioni nel modo migliore possibile a chi abbiamo di fronte.