La gara a chi è più (in)felice

Quando ostentare la felicità e la bellezza nasconde una richiesta di aiuto

Chi non lo ha mai fatto? Postare sui social una foto di un bel momento, una ricorrenza, un evento importante. E non c’è nulla di male, sia chiaro! Nessuno posterebbe mai foto quando è in pigiama e senza un filo di trucco. Ma a volte dover a tutti i costi far sapere al mondo che siamo felici, che siamo belli e che la nostra vita è perfetta, può nascondere un disagio. D’altra parte lo dice anche Diodato, nella sua canzone “Adesso”: “Dici che torneremo a guardare il cielo? Alzeremo la testa dai cellulari?” Perché se in quel momento siamo davvero così felici e soddisfatti, tutti lo devono sapere? A quale gara stiamo partecipando? Viviamo in una società che ci vuole sempre perfetti, belli, contenti, e in cui scattarsi un selfie sembra a volte un modo per dire “ehi, ciao, ci sono anche io tra tutta questa gente!” Allora immaginiamo che siamo alla nostra festa di laurea, abbiamo faticato tanto per raggiungere quest’obiettivo, anni di studio e sacrifici e, finalmente, ce l’abbiamo fatta. Siamo lì, con la corona d’alloro in testa, la tesi in una mano e… il telefono nell’altra. Sì, perché dobbiamo fermarlo quel momento, dobbiamo renderlo immortale, eterno. Non tornerà più, sia chiaro, eppure noi stiamo connessi sui social. Siamo allora sicuri che ci troviamo davvero DOVE vorremmo essere, quando invece di abbracciare i nostri cari, postiamo foto sui social e corriamo a vedere quanti like abbiamo collezionato? Siamo sicuri di essere soddisfatti di noi stessi quando scegliamo il filtro migliore per le nostre fotografie, prima di postarle? Forse aveva ragione Diodato, quando cantava “adesso è tutto ciò che avremo”, perché quello scatto rimarrà salvato, ma il ricordo è un’altra cosa, il presente non tornerà. L’incapacità di vivere nel PRESENTE, la continua ricerca del passato e del futuro, è alla base degli svariati disturbi d’ansia che permeano la società odierna, che non sembra più capace di fermare il momento, senza scattare una fotografia. La ricerca di ammirazione continua può essere un indice di marcata insicurezza e bisogno di approvazione, in cui i “like” fungono da rinforzo positivo di questo modo di vivere le relazioni. E se i like non arrivassero? E se le nostre foto non piacessero? Quali conseguenze avrebbe ciò sul modo in cui noi percepiamo i nostri successi personali? Forse dovremmo riflettere di più sul disagio che questo atteggiamento, portato all’eccesso, nasconde, perché i filtri di Instagram possono coprire le occhiaie e la stanchezza, ma la tristezza e il bisogno di essere ammirati no, quelli restano.

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